Lettera della presidente Giovanna Lobba (24/06/2020)

È dalla fine del 2019 che esiste la cooperativa sociale Nuovo Cortile, dopo esserci presi il tempo necessario per il confronto, per il dialogo, per le fatiche che, alla fine, hanno portato alla sua nascita dalla fusione tra le cooperative Pinocchio, Pinocchio Group e Campus. Le ragioni che hanno portato a questo passo sono sì di natura economica, ma anche ideale: creare una sinergia per un nuovo impulso a ciò che la cooperativa Pinocchio offre da quasi trentacinque anni e la cooperativa Campus da diciassette. La prima, nell’offerta di progetti terapeutici riabilitativi residenziali (comunità e appartamenti) per persone con problemi di dipendenza patologica (sostanze stupefacenti, alcool, gioco d’azzardo) e con patologia psichiatrica. La seconda, nel campo dei servizi socio-educativi e formativi rivolti all’infanzia e alla famiglia, con ambiti di lavoro che spaziano dalla realizzazione di strutture per minori, asili nido, spazi gioco, servizi parascolastici, all’organizzazione di attività ricreative per la gestione del tempo libero e per l’estate. Così come dalla promozione di interventi formativi rivolti ai genitori (corsi e sportelli di ascolto e counseling) alla realizzazione di servizi di aiuto allo studio per alunni delle scuole secondarie di primo e secondo grado. E altro ancora. Ambiti molto diversi, dunque, ma accomunati da un’unica passione: quella per l’umano dai suoi primi anni di vita all’esperienza dello studio e del lavoro, al disagio che tanti possono vivere, con forme diverse, nel loro cammino.

In una intervista di qualche anno fa, comparsa sul quotidiano Il Giorno, nel quarantesimo anniversario della vittoria della Palma d’oro al Festival di Cannes del film “L’albero degli Zoccoli”, si racconta che la vita in cascina, nella prima metà del secolo scorso, era davvero bella. «C’era più umanità, si era tutti amici. Le porte di casa erano sempre aperte, quando una persona usciva non c’era l’assillo di chiudere a chiave l’abitazione». «Nelle stagioni calde alla sera si mangiava tutti assieme in cortile, ognuno con la propria scodella». Andando a cercare, qua e là, l’etimologia della parola “cortile” si può facilmente trovare il suo significato di “luogo cinto”, con confini determinati. Ricordo di aver letto che i latini chiamavano “cortile” il recinto per le pecore ma anche lo spazio nel mezzo di un caseggiato dove era custodito tutto ciò che serviva per nutrirsi.

Ancora oggi, mio suocero, novantenne, con i suoi racconti, sembra far rivivere il cortile ghiaioso della sua vecchia casa come era un tempo: non solo un luogo cinto, ma anche e soprattutto un luogo di dialogo con le famiglie vicine, con le loro storie tutte diverse fatte di gioia e soddisfazione ma anche di paura e dolore. Un luogo di accoglienza per chi veniva, e viene ancora oggi, a trovarlo; un luogo di gioco per i bambini piccoli e un po’ più grandicelli; oppure, ancora, giusto un posto per stendere la biancheria.

Il “Nuovo Cortile”, nato dalla fusione delle nostre cooperative, vuole essere il luogo ideale su cui si affacciano gli ambiti così diversi che le costituiscono ma dove ci si può trovare insieme per tentare di soddisfare la “fame di umanità” che tutti noi abbiamo e che vediamo in tutte le persone, piccole o grandi, che incontriamo. Nei bambini c’è il desiderio di scoprire, ogni giorno, la bellezza della promessa che la vita stessa porta con sé. Nei giovani c’è la fame di una vita all’altezza del proprio desiderio, senza riduzioni o mezze misure. Negli adulti, specialmente quelli che soffrono il disagio della tossicodipendenza o della malattia psichica, c’è fame di speranza che la realtà torni ad essere buona, anche nella fatica del vivere, che il volto pieno di minaccia, dubbio, incertezza, con cui sembra presentarsi il futuro, i rapporti, ogni cosa, torni ad essere un volto pieno di promessa.

Il “Nuovo cortile” è uno spazio ideale protetto rispetto all’esterno ma contemporaneamente accogliente e proteso verso la realtà. È lo spazio dove i più piccoli imparano dentro la novità e la vivacità delle proposte e delle relazioni e gli adulti provati da situazioni di disagio re-imparano che ognuno di noi è «un rapporto imprescindibile con l’altro da sé, con l’alterità» come dice il prof. Giovanni Stanghellini, che aggiunge che «la nostra esistenza è caratterizzata costantemente e ripetutamente dal fallimento del nostro incontro con l’altro, dal riconoscimento sofferto della nostra incapacità di comprendere l’altro. La salute mentale altro non è che la capacità di tollerare lo scacco dell’incontro con l’altro».

Don Giussani ha detto queste parole, che riguardano tutti noi, molto da vicino, nella sua testimonianza all’incontro con Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro il 30 maggio 1998: «Il mistero della misericordia sfonda ogni immagine umana di tranquillità o di disperazione (…). Questo l’abbraccio ultimo del Mistero, contro cui l’uomo – anche il più lontano e il più perverso o il più oscurato, il più tenebroso – non può opporre niente, non può opporre obiezione: può disertarlo, ma disertando se stesso e il proprio bene. Il Mistero come misericordia resta l’ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia – per cui l’esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo».

È uno spazio ideale dove si affaccia la gioia del bambino che guarda desideroso la bellezza della vita che ha davanti, la sofferenza drammatica e la rabbia di chi soffre, il grido e la domanda ostinata di chi vuol tornare a stare bene, la rinascita di chi ritrova il volto buono della realtà.

Come ricorda l’immagine del cortile di mio suocero, dove lo sguardo va dalle nuvole ai sassi, come dice una famosa canzone di qualche anno fa: dalle nuvole ai sassi, ossia dai desideri più alti alle contraddizioni e i limiti di ciascuno. Il cortile racchiude tutto questo, senza censure, per aiutarci a ripartire sempre nell’affronto della realtà.

Il “Nuovo Cortile” è lo spazio dove gli ambiti diversi, dagli asili nido agli spazi gioco, alle comunità terapeutiche per adulti con disagio psichico o tossicodipendenti, hanno potuto mantenere le proprie identità, continuare a scrivere la loro storia, continuare a cercare di soddisfare la fame di felicità che c’è in ogni persona incontrata.

Un medico, in un recente incontro tra realtà che si occupano di salute mentale e adulti con disagio, ha detto che negli ultimi anni molte più persone vengono ricoverate in ospedale, spesso senza motivi congrui, perché non ci sono più i cortili di una volta, che erano un luogo accogliente per il disagio di molti, un luogo di compagnia, di sollievo.

Per questo non passa giorno senza che il lavoro vada avanti, anche attraverso le nostre contraddizioni, i nostri limiti, le nostre diversità e le nostre incomprensioni: il lavoro per costruire la nostra nuova cooperativa, come fosse un Cortile Nuovo, per la fame di tutti.

GIOVANNA LOBBA