A metà strada (7/9/2019)

Sono a metà strada, mi ripeto, sono a buon punto, non guardare giù.

A metà strada fra l’inferno e la normalità fa un freddo cane.

Il vento di gennaio mi colpisce in pieno viso mentre cerco di restare aggrappato ai pochi appigli che mi sostengono. Frutto del lavoro su me stesso, sulla mia impulsività e sui miei errori.

A metà strada.

Ma dove sono gli altri appigli per salire? Ma soprattutto cosa è questo senso di vertigine che mi spinge verso il vuoto sotto di me? Paura? Che sia il desiderio inconscio di mollare tutto e lasciarmi cadere? Ripiombare nel vortice di tossicodipendenza e microcriminalità che è stata la mia vita nel vortice confuso degli ultimi tre anni? No.

Mi impongo di guardare su perché, citando “L’Odio” di Mathieu Kassovitz, il problema non è la caduta ma l’atterraggio.

Mi guardo attorno, con la consapevolezza di chi ha fatto troppa strada per mollare gli appigli tanto sudati. Il carcere a Monza, la REMS a Castiglione, la comunità Pinocchio che mi ospita ora. Ognuno di questi posti ha in qualche modo fornito un appiglio più o meno stabile e, ultimamente, grazie alla Pinocchio sto andando forte, scalando più deciso, più in fretta.

Avvisto una protuberanza sopra di me, l’afferro e finalmente torno a salire. Salgo di poco e già il freddo si fa meno intenso, o forse è solo la mia euforia per aver fatto un altro piccolo passo.

“Ancora uno” mi ripeto.

NICCOLÒ